Lucide Riflessioni nel vedutismo contemporaneo di Osvaldo Sabene - di Tommaso Lucchetti e Francesca Maria Novello
Riflessioni scaturiscono da tante visioni registrate da uno sguardo lucido e Implacabilmente descrittivo ; lucidi sono anche i “Riflessi” , virtuosismo mimetico da sempre gli artisti colgono come capriccio mentale più che visivo e luministico. Una volta erano gli specchi immacolati del mare su scogli a strapiombo nelle marine di Vernet , nei crepuscoli sui laghi a fiumi di Claude Lorrain, oppure i canali punteggiati da ponti nelle vedute veneziane di Canaletto: ora il capriccio dei riflessi, immagini sdoppiate in simmetrie perfette, può essere reso dalle algide cromature delle carrozzerie o da pozzanghere sull’asfalto di temporali inattesi, effimeri come l'ennesimo volantino promozionale insinuato sotto il tergicristallo, la breve tregua ad un semaforo rosso o quella appena più tranquillizzante dell'oasi di un parcheggio accalappiato fortunosamente, o di un’area di servizio infilata strategicamente.
l dipinti di Osvaldo Sabene sembra non concedano sconti alla contemporaneità che rappresentano. Lo sguardo e completamente concentrato sugli scorci di una realtà urbana fissata, oltre che dall’immagine, anche e soprattutto dal delle sue opere, come "Via Tiburtina, Roma” , "Via Ottoboni a Roma" , “Chiesa di Santa Bibiana a Roma”. Rispetto ai modelli vedutistici dei maestri veneti settecenteschi rimane l'elegante pittoricismo, la preziosa luminosità di un filtro dorato per i diurni e azzurrino per i notturni. Ma le atmosfere sospese ed iridescenti non catturano più gli antichi emblemi della pulsione cittadina: alle basiliche monumentali si sostituiscono indicazioni turistiche per le chiese, ed i vecchi templi dell'umanità spariscono subordinati alle principali arterie di traffico metropolitano, se non tollerati dagli odierni paesaggi definiti dai flussi circolatori. Longhi narrava i piccoli ritmi della quotidianità rispettandone ancora gli echi rituali; ora le tracce della nostra necessaria sussistenza si leggono nelle insegne di tavole calde in franchising, e nell' ingenuo cromatismo universale dei padiglioni dei benzinai.
Ma sarebbe ingenuo e riduttivo limitarsi a citare in proposito modelli americani come cerii scorci di modernità novecentesca colti da Hopper: il riferimento od una visione nazionale ma intimista va anche indietro nei secoli. La rappresentazione acquisita così in hic et nunc da cui non si può più prescindere, inquadrata in uno spazio ed un tempo definiti, ma nel contempo scelta e costruita allo stesso modo di un vedutista del Settecento, con un'attenzione particolare all’impasto di luce nei colori e alla struttura della rappresentazione, trattando i paini della composizione come fossero le quinte sceniche della moderna commedia umana. Ad un primo sguardo pare che manchino però i protagonisti di quella rappresentazione, se si trascura l’autoritratto che l’artista si concede in “Via Salaria km 38”: nell'oblò dello specchietto retrovisore spunta il volto dell'autore con l’attributo essenziale del suo strumento di lavoro, una macchina fotografica. E’ questa una dichiarazione d’intenti: pellicola e flash come strumenti di un iperrealismo che adotta il dipinto per trarne un’istantanea.
Ma ad una "riflessione" più attenta ci si accorge che il vero protagonista, l'attore, è proprio chi guarda. La produzione pittorica di Osvaldo Sabene vive una sorta di dualismo che lo porta da una parte a questo immergersi ed immergerci in quella personalissima fotografia della realtà di scorci urbani, e dall’altra una serie di dipinti più intimisti, che vivono di un lirismo del tutto diverso, come "Salotto in vimini" o "La gatta Orsetta”. Guardandoli, è come se si entrasse in una sfera del tutto privata, dove l'artista può indugiare di più nella resa dei particolari delle stoffe e della quotidianità domestica, ricordando, con impeccabile tecnica pittorica, la lontana lezione fiamminga alla pittura italiana. C’ è un'immota staticità che riconduce alle remote suggestioni, già così modernamente proustiane, di Vermeer. Tutto è sospeso in certi interni domestici, gli arredi sembrano narrare l'eredità di memorie irrintracciabili, ma è sufficiente uno scatto felino per restituire la vita alla natura morta. E sagome e contorni di figure dialoganti si intravedono o intuiscono tra le verande illuminate e le ambiziose vetrate a bovindo della "Casa Riflessa". E così lo sguardo interiorizzante di chi dipinge aggiunge ad una mimesis di vocazione fotografica il senso unico dell' interpretazione.